E ora, dove verremo a cercarti Piergiorgio Parini?


Amo leggere i libri scritti dagli chef, ne ho divorati una quantità industriale durante il periodo universitario... passavo serate in compagnia di Anthony Bourdain, degli scritti di Gualtiero Marchesi. Me li sono sempre immaginati con un quadernino e la mano un po' unta dopo il servizio, appoggiati al bancone con sopra tutte le ordinazioni depennate lasciare libero il flusso dei loro pensieri. Non sono però mai stata il tipo di persona che al ristorante smania per conoscere lo chef e volerlo per forza assillare di domande, anche se quelle poche volte che capita di parlarci rimango affascinata e in uno stato di contemplazione per diversi giorni.
Sono comunque dell'idea che gli chef parlino attraverso i piatti che creano, quello è il filtro della loro arte e il loro modo di relazionarsi al mondo.


Capita però di incontrare delle fatine della sala che ti sanno coinvolgere e appassionare.
E' stata Stefania (patron del ristorante) a farmi innamorare ancora di più della cucina di Piergiorgio Parini, che non aveva bisogno di spiegazioni nella sua perfezione, ma grazie a un occhio attento e la sua esperienza è stata illuminante.
Una donna innamorata della cucina, le cui osservazioni e appunti sarebbero da trascrivere e ricordare nei secoli, vent'anni di esperienza alle spalle (per chi non lo sapesse ancora, il Povero Diavolo a Torriana il 31 Agosto chiuderà i battenti per un pochetto, dopo la decisione di Pier Giorgio Parini di lasciare il locale nell'ottica di aprire un locale suo -si vocifera).



Dicevo, una donna che insieme al marito ha saputo precedere l'avanguardia, creare cultura in un posto come Torriana e far sì che tantissime persone decidessero di intraprendere le roads romagnole per una cena al Povero Diavolo. La conduzione famigliare e la tranquillità del locale, come riporta il loro sito, inducono a contatti molto ravvicinati ed è così che lo spazio del dopocena o della colazione (il Povero Diavolo è anche locanda) si dilatano nella conversazione, nello scambio di idee e convivialità... è proprio questo che ricorderò di questa cena, la parola convivialità.

Il menù del Povero Diavolo ha tre opzioni: 3, 6, 9 rispettivamente tre portate, sei portate e nove portate. Un percorso che attraversa tutti i sensi e tutte le forme della materia e delle consistenze: dal mare, alla pasta alla carne. Dietro ad ogni piatto una ricerca e uno studio incredibili, una passione viscerale per le erbe che sono il fil rouge di tutti i piatti e di cui Parini è il re incontrastato.


Ecco il menù che abbiamo scelto, nove portate:

- Sgombro marinato e arrostito con cetriolo, ginepro e basilico
- Calamaro grigliata con crema di zucca, succo di alloro, polvere di cipolla e salsa di aglio nero arrosto
- Scampo grigliato con capperi, salsa di mandorla grattugiata, pesca grigliata e gelatina di pesca
- Gnocchi di patate con cozze, ricci di mare, vongole, polvere di finocchietto selvatico, polvere di aneto, cozze e limone nero libanese
- Risotto cotto in acqua di pomodoro aromatizzato al Pepe di Sichuan
- Animelle con Ylang Ylang
- Purè di patate arrostite con polvere di gemme di pioppo
- Carne di pecora con crema di carote e cipresso (potrei aver sbagliato la dicitura "carne di pecora")
- Semifreddo al cioccolato bianco, Chartreuse e basilico, gelato al dragoncello e polvere ghiacciata di levistico (sedano selvatico di montagna)


Difficile scegliere il piatto che porterò nel cuore, difficile decretarne anche due o tre.
Ho amato ogni secondo, ogni boccone, ogni racconto che si accompagnava al piatto, e sono sempre più convinta che lo storytelling sia fondamentale anche quando l'arte sia assoluta (dal latino absolvere= sciolta da qualsiasi cosa). 

Rimangono le emozioni, i sapori, rimane un sigillo come marchiato sulla carne.

E in cuor mio, anche la speranza che Fauso Fratti (patron del Povero Diavolo) e Stefania continuino questa tradizione, la locanda, continuino a seminare cultura e professionalità in questa terra meravigliosa che è la Romagna che non è solo mare ma è anche un meraviglioso entroterra.

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